Nella mia città ci sono grandi luci, festa e musica.
Gente che sorride, fa regali, passeggia.
Nella mia città c’è l’odore delle caldarroste,
le nuvole buone del vapore che esce dalle bocche dei bimbi divertiti,
guanti e cappelli di lana e nasi all’insù.
Rossini assiso sul suo trono
di pietra nel cortile del vecchio conservatorio
non ha freddo, e sorride bonario.
Più in là per il Corso c’è musica, Maestro! Che scenario!
Nella mia città ci sono rintocchi di campana,
ma lievi,
che il giorno di Natale sta già passando,
la festa ormai è fatta,
la gente soddisfatta,
e anche un poco addormentata.
Nella mia città c’è un grande abete illuminato, che non si spegne mai, cascasse il mondo,
né di notte, né di giorno.
Nella mia città c’è un tappeto rosso
che avvolge le sue strade e le infiocca
come un dono.
Nella mia città per le vie del centro arriva il suono
caldo della sirena del porto,
che rimbocca le coltri di foschia,
e pace, e così sia.
Nella mia città la sera del Natale un uomo è morto,
e pace quest’anno non ce n’è per chicchessia.
C’è sangue per la strada,
la sirena ora è della polizia,
e quel sangue su un Natale profanato non va via. Se non per un Perdono,
che però è un percorso,
e per le strade della mia città non ho ancora camminato abbastanza.
Nella mia città hanno ucciso il Natale,
e brucia più che mai il pensiero
che per qualcuno il prossimo non sarà più Natale.
Nella mia città qualcuno dice ok ragazzi adesso sistemiamo tutto,
state tranquilli che è passato.
Ma la pace non ritorna se ti scordi quel che è stato,
quella è solo anestesia di basso rango.
La pace solo si ritrova camminando.
Nella mia città vicino a quella strada insanguinata,
da bambino ho fatto una Promessa:
ero in mezzo a un cerchio,
accanto ad un Convento, in una stanza.
Il mio dovere, in ogni circostanza.
E così sia.