Sveglia presto domenica mattina.
Caffè, uniforme, fazzolettoni. Uno, due, tre.
Inizia così la fine della Stagione dei Monsoni: quella fase dell’anno (intensissima per i Capi Gruppo) che va dalla conclusione dei campi estivi al giorno dei Passaggi.
Tipicamente durante la Stagione dei Monsoni ne succede di ogni: dalla gestione del post-campo che in qualche caso può comportare faticosi scambi di vedute col Capitano Marsh, alla programmazione dell’anno, dalla gestione dei nuovi ingressi, a quella delle uscite da dissuadere e dei quadri da quadrare (cercatevi online su questo tema “Il Cacciatore” dell’ottimo Edo Martinelli). Perlomeno di andare in caccia, quest’anno non ce n’è bisogno (almeno per i Capi Gruppo).
Anzi forse ci vorrebbe un soppalco.
Ai Passaggi si gioca, ma c’è elettricità nell’aria. Si avverte che il giro di boa è ormai imminente.
Tra poco cambierà tutto.
Cambierà tutto.
I più spensierati sono i Genitori, convocati in zona Cesarini per un’insolita Uscita, in parallelo all’attività dei ragazzi. Mi dicono che c’è stato qualche borbottìo, con me sorridono, forse me la cavo anche stavolta.
Ma loro no.
Per loro tra poco cambierà tutto.
Cambierà tutto e per sempre.
Ai Passaggi si arriva navigando in una sola direzione: avanti.
Come il Galeone di cartone (3 metri per 8 di ex scatoloni per elettrodomestici) che abbiamo portato ieri dalla sede e montato. Due ore di lavoro, ma adesso lui naviga tranquillo sul prato, incurante del cielo che ingrigisce.
I nostri RS citano fantasiose leggende secondo cui i compagni che passano e i Capi che cambiano, in realtà muoiano. Dicono poi di scherzare, ma penso invece che si siano resi conto di aver toccato un nervo scoperto, una verità scomoda, una previsione che non volevi si avverasse. Certo, non muoiono fisicamente, ma muore piuttosto quello che quei compagni e quei Capi sono stati finora.
Lo avete mai incrociato, voi, lo sguardo di un lupetto appena passato in Reparto?
Il ciuffo libero di capelli castani non più coperto dal cappellino verde lo fa già sembrare più alto, più spavaldo.
Quello sguardo è un altro sguardo, con un’altra consapevolezza, con un’altra prospettiva.
I lupetti più piccoli lo ritroveranno più avanti. Ma diverso.
L’elettricità nell’aria si fa goccia. Gocciola un po’ sulla Messa di Don Checco, consentendoci però di terminare la celebrazione all’asciutto.
Poi piove.
Piove sul servizio, sulle legature precarie dei pali che sorreggono l’Altare: erano state strette poco prima dai genitori. Mamme e Papà che preparano la tavola.
Piove sul Galeone, un po’ appesantito il cartone bagnato comincia ad incurvarsi. Ma il Galeone, barra a dritta, va avanti. Non può fare altro.
Piove sui nostri Passaggi: dovevamo salire a bordo, lanciare i passanti da prua e sparare a salve dai canoni, corpo di mille balene!
Una stretta, ma provvida tettoia ci fa da scialuppa: si va avanti, sempre avanti. Non c’è alternativa.
Ordinatamente, in 15 metri quadri passano Esploratori e Guide, Lupetti e Lupette, il Clan Fuoco accoglie, ma è un approdo temporaneo: il momento di partire da soli arriverà presto.
Al giro di boa la bussola impazzisce, nella burrasca si cercano nuovi punti di riferimento.
Dove faremo la nostra Tana oggi? Estote Parati.
Arrivano sotto lo scroscio nuovi Capi.
Il cartone inzuppato ha ceduto.
Tutto è cambiato di nuovo.
Tutto è cambiato per sempre.
Il Galeone è salpato.
Ha preso il largo con l’ultimo Monsone, e già non c’è più.