Negli anni ’73 – ’74, finite le medie in seminario, c’erano ancora le squadre di quartiere che si fronteggiavano, ma c’era anche un oratorio molto attivo e vivace. Il parroco Don Giuseppe Triban e Don Dino Ave avevano ereditato dai loro predecessori Don Angelo Tessari e Don Lino Berton, un campeggio parrocchiale con un gruppo già consolidato di genitori, giovani e ragazzi; ma in breve vennero a mancare gli animatori dell’oratorio del calibro, per dire, di Lieto Massignani…
Fu allora che noi giovani adolescenti amanti del campeggio e del gioco comunitario, rovistando nei magazzini parrocchiali, recuperammo qualche tenda ormai malconcia e provammo l’ebbrezza del campeggio vissuto a modo nostro. Con l’aiuto e la sorveglianza di Pietro Milani, papà di Igino, portammo la tenda da sei in quel del “Laghetto degli Speccheri”.
Finita quest’esperienza indimenticabile, io e Igino ci chiedemmo perché non proseguire con l’avventura del campeggio. Parlandone poi tra amici che frequentavano l’oratorio e con i nostri genitori, con l’entusiasmo che ci animava, ma privi di qualsiasi ideale o scopo se non quello di divertirci, ci fu di aiuto l’esperienza di seminario che ci aveva permesso di conoscere i primi gruppi scout tramite il vice preside Don Luciano Dal Lago.
Formammo ben presto un gruppo interessato all’idea di proseguire con il campeggio, vivendolo a modo scout. Il primo gruppetto del ’74 era composto da me-“Bepi Roco”, “Gino dell’oio” (Igino Milani), Donato Bee, Alessandro Zamperetti, Claudio Perin, Claudio Grigolato, seminaristi ed ex. Parlando con il nuovo cappellano Don Franco Primon, conoscemmo un personaggio giunto da poco a Cornedo: Inereo Berlato, che aveva sposato una cornedese. Questi aveva vissuto l’esperienza scout a Valdagno e fu tramite lui che entrammo in contatto di altri capi del Valdagno 1°, i quali ci presentarono il metodo scout.
Da allora io, Igino, Donato e Sandro decidemmo di provare a vedere se eravamo in grado di proseguire con quell’idea. Nel frattempo furono coinvolti nel gruppo di interesse Emanuela Zamperetti, che ci seguì a Valdagno, e Girolamo Zamperetti (vecchio scout che ci fece conoscere l’avventura scoutistica vissuta in paese nel ’45). Dopo il primo anno di esperienza nel Valdagno 1° come rover ed aiuto capi in Reparto con Ruggero Bassanese, decidemmo, nel ’75, di aprire anche a Cornedo un gruppo scout, partendo con gli esploratori.
E così noi (Gino, Sandro, Donato, Beppe), con Inereo Berlato come Capo Reparto e Don Franco come assistente ecclesiastico, iniziammo ad incontrare i primi ragazzi nell’allora “ridotto dell’oratorio”, una sala riunioni per i gruppi parrocchiali.
Pretto Giuseppe
Appena sposato vivevo una vita come tanti altri; racchiuso tra la mia famiglia e il lavoro. I giorni passavano veloci. Allenavo la squadra di pallavolo delle suore vivendo quegli attimi fantastici che l’agonismo sportivo sa dare, ma nello stesso momento ero insoddisfatto dal dispiacere che davo a chi rimaneva escluso dalla partita. Senza volerlo era divenuta per me più importante la vittoria della squadra che la singola atleta… Qualcosa in me non girava più.
Viaggiando in macchina con mia moglie alla domenica cantavo spesso canzoni scout, senza un motivo particolare. Mi ritrovavo spesso a parlare con lei di come avevo vissuto la mia giovinezza e di come sarebbe stato bello se anche i giovani di Cornedo avessero potuto vivere secondo gli stessi ideali. Non avevo amici, perché ero appena giunto da Valdagno, e la parrocchia fu il mio punto di riferimento; l’allora parroco Don Angelo ci venne a trovare a casa e gli espressi il mio pensiero.
In quel tempo giunse anche un nuovo cappellano Don Franco Primon. In un consiglio pastorale manifestai la mia opinione sulla situazione giovanile a Cornedo e sul metodo scout, al termine della quale mi attardai sulla porta della canonica a parlare con don Franco. Si fermò il Sign. Magaraggia, che mi mise al corrente che altri giovani in quel periodo stavano andando a Valdagno per apprendere il metodo scout (nello stesso gruppo del quale facevo parte fino a nove anni prima). Il gioco fu fatto: quei giovani e Don Franco per me divennero i fratelli che il destino non mi aveva mai dato.
Cominciò così questa avventura che ancora oggi si chiama Cornedo 1°. Vissi da quel momento esperienze particolarissime, dai primi campi estivi col reparto, al campo mobile sul gruppo del Brenta col noviziato, al campo mobile in bicicletta in Olanda. Ma le esperienze più forti le vissi coi Capi in Comunità Capi e coi singoli ragazzi nelle varie branche di cui fui responsabile: a volte cose piacevoli, altre volte delicate o terribili. Col senno di poi feci anche qualche sbaglio, ma questo fa parte del gioco della vita.
Berlato Ireneo
Io sono arrivato a Cornedo vicentino il 17 Settembre 1974; venivo a sostituire Don Dino Ave. Arrivai a Cornedo dopo un’esperienza di cinque anni nella Parrocchia Sacro Cuore di Gesù in Vicenza, nella quale avevo fatto interessanti esperienze giovanili. Appena misi piede in Cornedo, fui assalito da tutte le parti da un ritornello che sento ripetere ancora oggi dopo 25 anni…! “Bisogna fare qualcosa par i tuxi”.
Non ero certamente io, povero untorello, che avrei spiantato Cornedo e dintorni. La fortuna volle che ci fosse già un gruppo di amici di sedici/diciassette anni, che maturavano l’idea di formare un gruppo scout a Cornedo. I baldi giovani erano: Igino Milani, Claudio Grigolato, Beppe Pretto (in arte Rocco), Donato Bee, Alessandro Zamperetti, Claudio Pretto (Kaiuseia). Spero di non avere tralasciato nessuno. Al gruppo si è aggiunto provvidenzialmente Nereo Berlato che, essendo stato scout, poteva tracciare un cammino e fare proposte concrete.
Io avevo sui 32-33 anni, potevo essere una garanzia per i capi provinciali, che volevano fare le cose per bene e seriamente, oltre ad essere l’assistente ecclesiale. Devo dire che i “capi”, pur essendo giovani, hanno sempre riconosciuto la mia maggiore esperienza, non in campo scout, ma nell’educazione e nella formazione dei giovani. Hanno sempre accettato di discutere con me i problemi che sorgevano all’interno della branca o della CoCa nascente e ne hanno seguito i consigli. Da parte mia ho sempre avuto fiducia nei capi, cercando di capirne le esigenze ed i problemi. L’importante è sempre stato il vicendevole accordo e la mutua collaborazione ottenuti in spirito di vera e profonda amicizia perchè subito abbiamo tutti capito che la funzione educativa di entrambi è simile, anzi, complementare. Devo aggiungere che avevamo tutti:
– L’entusiasmo dei neofiti
– Un pizzico di incoscienza giovanile
– Non dovevamo certo preoccuparci dell’essenzialità scout: eravamo poverissimi, una povertà sconvolgente. Niente. Zero di tutto.
In tutti si faceva tutto con semplicità e con disponibilità. Per quanto mi riguarda ho fatto anche il maestro dei novizi per mancanza di personale.
Per concludere devo dire ai capi suddetti, e non ho mai detto loro a sufficienza, grazie, perchè a me hanno sempre chiesto di fare sempre e solo il sacerdote. Insieme abbiamo maturato una convinzione:
“Se il Signore non costruisce le case, invano vi faticano i costruttori.
Se la città non è custodita dal Signore, invano voglio il custode.” (Salmo 126)
Don Franco