Tutta un’altra musica!

A sedici anni e qualcosa, all’incirca un anno fa, mi capitò tra le mani un quaderno di pezzi musicali che conoscevo quasi tutti a memoria, perché suonati e risuonati già moltissime volte; così, assieme ad alcune amiche, cominciai a sfogliarlo, e involontariamente mi soffermai su di uno spartito a cui non avevo prestato attenzione…Si intitolava “Sempre pronti”, di un compositore a me pressochè sconosciuto, un tale Baden Powell. A dire il vero quella pagina l’avevo sempre saltata volontariamente, perché a prima vista mi sembrava molto difficile, con note sconnesse e simboli come legature, mf (medioforte), crescendo e diminuendo… che mi parevano troppo impegnativi e faticosi da rispettare sempre.

Subito mi domandarono se non avessi mai sentito quel pezzo e, scoprendo che non avevo mai suonato niente di quell’autore, mi proposero di tentare di studiarlo almeno per quattro settimane, aggiungendo che la fatica di suonare correttamente quel brano sarebbe stata appagata dal piacere di avere una melodia sì stravagante, ma che mi sarebbe rimbalzata per sempre nella mente; difficile da suonare magari, ma assai orecchiabile e coinvolgente. E così mi feci convincere, iniziai ad ottobre ad esercitarmi, e dovetti presto ammettere che non era un’impresa poi tanto impossibile, anzi una nota seguiva l’altra senza alcun problema, le pause erano nei punti in cui ce n’era più necessità, ed ogni singola battuta si sosteneva anche da sola. Continuai ad esercitarmi fino a quando non riuscii a rispettare ogni singola legatura e a farmi rimbalzare in testa quell’infinità di suoni miseri presi singolarmente e infinitamente forti nel loro insieme.

Ormai stavo per conoscere quel brano quasi alla perfezione. Poi, una sera, con una “solenne promessa” fui catapultata dentro a quella melodia che aveva iniziato a girare tra i miei pensieri.

Fu così che non mi trovai più solo a suonare quell’opera, ma ne divenni parte integrante: mi sentii una nota di quella partitura, scoprendo di avere come fratello ogni altra nota; e solo allora mi resi conto che l’armonia di un brano sta nelle sue note e che ciascuna nota è resa significativa dallo spartito nel quale è inserita; come la forza che lupo singolo e branco intero traggono l’uno dall’altro!

Avrete ormai capito che lo spartito rappresenta al meglio lo scoutismo, che è come un foglio pentagrammato formato da battute, composte da tante note messe insieme, come le squadriglie e le sestiglie; le note alte in rappresentanza dei capi e le note basse, ma non per questo meno importanti, come immagine dei lupetti; le legature che abbinano più note per rendere il loro suono unito somigliano alle pattuglie che si formano per svolgere al meglio una data “missione”. Da non dimenticare sono le pause, che non servono solo a riprendere fiato, ma anche a dare maggior valore ai suoni precedenti e successivi; un po’’ come le uscite e i campi. A dire la verità mi immaginavo entrambe le attività come qualcosa del tipo: “camminare fino allo svenimento per poi avere solo la forza di dormire”… Scoprire che invece sono qualcosa di molto più divertente e che lascia un segno indelebile e positivo nei ricordi, è stato, oltre che un gran sollievo, anche una grande gioia!

Infine la sinfonia di suoni che viene prodotta è così armoniosa che non può che rispecchiare lo spirito di servizio, che la comunità scout mi sta insegnando ad interiorizzare, con attività che trovai strane ed insolite. Ci si può imbattere così, come è capitato a me ad esempio, in un servizio alla casa di riposo, dove aiutando i vecchietti a mangiare si ascoltano le loro a volte confuse storie, dalle quali alla fine non si riesce più a distinguere il falso dal vero. Oppure si partecipa alla raccolta di viveri per il MatoGrosso, dove si impara a mantenere la calma per tutte le volte che la gente ti risponde maleducatamente o proprio non ti ascolta.

Capitano poi certi momenti in cui non si riesce più ad andare avanti, si pensa di dover fare tutto da soli non preoccupandosi più dell’aiuto degli altri, visto che sembra venire meno, e in questi momenti il musicista che si trova lì a suonare, non si sente più calato nelle parti di una nota. Accade che non si vedono più gli altri, ma si riesce soltanto ad udire il suono che producono: un suono stonato dovuto all’assenza di una nota, quella che tu rappresenti. Però quel musicista, se ci tiene molto ad ottenere la stravagante melodia di BP, con un po’’ di studio e dando del proprio meglio, potrà nuovamente riuscire ad eseguire correttamente e senza stonature il brano, ridiventando egli stesso parte integrante dell’opera, come la nota che prima mancava. E, così come lo spazio, è “finito” anche il mio primo anno scout, cominciato un po’’ per caso, un po’’ per destino, ed ora anch’io sono diventata parte di questa grande comunità.

Il motivo che effettivamente mi ha spinto ad iniziare non mi è ancora chiaro: alcuni dicono potrebbe essere stato lo spirito d’avventura, secondo altri è stata la stessa “cosa” che ha spinto i ragazzi più giovani di me ad entrare in Branco o in Reparto (ovvero i genitori!), per qualcun altro è stata la compagnia. Per adesso so che il mio cammino non terminerà con questo anno, come avrei invece pensato il giorno in cui mi sono caricata per la prima volta lo zaino sulle spalle! Perché? Beh, per un sacco di buoni motivi e di “cose belle” che mi sono capitate da quando indosso la camicia azzurra! Tra le tante, una di quelle che mi ha colpito di più, è stata ai Fuochi di Pentecoste, dove ho incontrato per la prima volta ragazzi con i quali ho potuto parlare degli stessi argomenti e quasi con lo stesso tono con cui avrei parlato prima solo alla mia migliore amica. Ecco perché i miei capi si ostinavano a ritenerci tutti fratelli! Credo che questo sia dovuto forse al fatto che, in fondo, seguiamo tutti lo stesso “ritmo”.

Emanuela Gelain
Noviziato “Se i Taralli…?”